Attualità e cronaca

Scoperta recente di una discarica di amianto a Sannicola - ma le autorità sapevano da anni

Scoperta un’enorme discarica di amianto a Sannicola – le autorità sapevano da anni – Aggiornato

Il 19 luglio c’è stato un incendio che ha devastato le aree di Lido Conchiglie e Montagna Spaccata-Rupi di San Mauro, nel comune di Sannicola, il quale ha interessato circa 120 ettari di terra. Un incendio vastissimo del quale ha narrato anche la Rai in questo servizio. Peccato che la televisione di servizio pubblico, pagata dai cittadini, si sia “dimenticata” di raccontare quanto sia emerso dalle fiamme: una vastissima discarica abusiva di amianto (nella foto in evidenza). La notizia è stata riportata da una sola testata locale. Ma la vera domanda è: è stata davvero così tanto una sorpresa? No, non lo è stata per niente e la Rai, insieme a tutti i giornali di questa nazione, si è dimenticata anche di dire questo. Anzi, forse la sorpresa c’è stata per qualche cittadino – ma non certamente per le autorità locali. Questo è l’aspetto che tutti hanno tralasciato sinora. Sì, perché la sottoscritta ha recuperato la documentazione attestante il fatto che, di quella discarica, le autorità locali sapessero da almeno quattro anni e che al riguardo abbiano fatto poco o nulla. Per queste vie ho personalmente informato i senatori Mazzella e Turco (Movimento Cinque Stelle), i quali – in data 22 dicembre – hanno presentato un’interrogazione parlamentare sul fatto, chiedendo risposte e azioni concrete da parte delle autorità. Ma andiamo per gradi. Il Lido Conchiglie e Montagna Spaccata: la bellezza distrutta Lido Conchiglie è una località costiera situata nel comune di Sannicola, Lecce, nella regione della Puglia. Questo luogo ha il sapore della biodiversità tipica del Mediterraneo, sia marina che terrestre; le sue spiagge sabbiose e il suo mare cristallino la rendono una meta turistica popolare durante i mesi estivi. E poi c’è la zona Montagna Spaccata-Rupi San Mauri, ancora nel comune di Sannicola, nota per il suo paesaggio suggestivo costituito da particolari formazioni rocciose. Un ambiente naturale ricco di varietà di flora e di fauna tipiche della macchia mediterranea; un luogo molto apprezzato per escursioni ed attività all’aria aperta. Sarebbe tutto bellissimo, se non fosse che questi luoghi, di grande interesse paesaggistico e di forte vocazione turistica, siano stati deturpati da una bomba ecologica che, in questo preciso momento, sta annientando migliaia di vite. Nella zona, infatti, oltre a flora e fauna, sono presenti anche diverse abitazioni. La Verità sotto le ceneri, dietro alle omissioni dei media e delle autorità locali Soltanto la testata giornalistica locale Telerama News ha narrato di questa “macabra scoperta” mediante il servizio disponibile a questo link; una vicenda ignorata da tutti gli altri giornali, e che però – a dispetto dell’effetto sorpresa narrato dalla testata – era già nota. O almeno lo era sicuramente alle autorità. Ecco, questo aspetto è stato veramente dimenticato da tutti. Tanto è vero che, prima del servizio della testata sopra riportata, la popolazione non era mai stata formalmente messa al corrente del pericolo dagli organi di competenza. Perché i cittadini non sono stati allertati del pericolo? Perché nessun altro giornale ne ha parlato? Era stata l’associazione ambientalista Italia Nostra, nel 2020, a redigere una comunicazione ufficiale al Comune di Sannicola, e a tutte le autorità competenti, sulla presenza della gigantesca discarica abusiva di artefatti in amianto. E’ necessario tenere presente che la zona era stata già all’epoca interessata da diversi episodi di abbandono di rifiuti tossici, ma soprattutto era stata interessata da periodici incendi, le cui fiamme avevano colpito anche gli artefatti in amianto. Questo vuol dire che da almeno quattro anni la popolazione è esposta alla presenza di amianto friabile. Non a caso il rapporto dell’associazione chiedeva interventi urgenti di bonifica. Tanto urgenti che le autorità hanno ben pensato di perpetrare ben tre anni di silenzio. Infatti, soltanto il 7 novembre 2023 i vari proprietari dei terreni, interessati dall’inquinamento, si sono visti notificare l’avvio di un procedimento per la rimozione dei rifiuti a proprio carico. Aggiornamento: Il comune di Sannicola annuncia la bonifica dei territori con i fondi del PNRR – ma quando partiranno i lavori? Un documento pubblicato dall’amministrazione della città di Sannicola, il 23 gennaio 2024, rivela che l’amministrazione di Sannicola avvierà la bonifica dei territori inquinati attraverso i fondi del PNRR; quindi la bonifica non graverà sulla tasche dei vari proprietari terrieri, i quali potrebbero essere del tutto estranei all’inquinamento dei territori interessati. Le azioni intraprese includono l’assegnazione di un professionista qualificato per supportare il Project Manager (RUP) nelle operazioni di bonifica. Il processo prevede la completa rimozione dei rifiuti, la loro classificazione e qualificazione, e il ripristino dello stato dei luoghi, parzialmente finanziato attraverso il Piano Nazionale di Recupero e Resilienza (PNRR). Tuttavia, allo stato attuale, gli interventi di bonifica non sono ancora stati effettuati e la comunità di Sannicola rischia di trascorrere un’altra estate in convivenza con un mostro ecologico altamente pericoloso. Quando partiranno i lavori? Al momento nessuna dichiarazione da parte delle autorità del comune di Sannicola. L’Interrogazione ignorata dal Parlamento L’interrogazione parlamentare presentata dai senatori Mazzella e Turco non ha ricevuto nessuna risposta; nonostante l’obbligo – da parte del Parlamento – di rispondere in forma scritta entro venti giorni. Il governo avrebbe potuto avvalersi anche della facoltà di non rispondere ma avrebbe dovuto comunque indicare le motivazioni. Così come chiaramente esplicato attraverso il Regolamento ufficiale della Camera. Perché il Parlamento decide di ignorare un fatto simile?

Scoperta un’enorme discarica di amianto a Sannicola – le autorità sapevano da anni – Aggiornato Leggi tutto »

Lo Spolettificio di Torre Annunziata

Spolettificio di Torre Annunziata: spunta la documentazione che attesta la presenza di oltre 10 tonnellate di amianto ma la zona non è mai risultata inquinata – L’interrogazione parlamentare sulla mia inchiesta

E’ stata pubblicata sul sito ufficiale del Senato della Repubblica lo scorso 5 ottobre. Si tratta di un’ interrogazione parlamentare presentata a seguito di una mia inchiesta giornalistica – sulla vicenda della quale sto per raccontarvi – dai senatori Orfeo Mazzella, Barbara Guidolin, Anna Bilotti, Ada Lopreiato, Concetta Damante, Roberto Cataldi, Mario Turco, Luigi Nave, Vincenza Aloisio, Gabriella Di Girolamo. La sottoscritta, infatti, è stata citata all’interno dell’interrogazione parlamentare consultabile a questo link. Si tratta di un’inchiesta la cui pubblicazione – tengo a precisare – è stata rifiutata da tutti i giornali, per questo motivo colgo l’occasione di ringraziare i parlamentari per aver portato alla luce questa vicenda chiedendo spiegazioni al nostro governo. Ma di cosa si tratta? Andiamo per gradi. Il fatto A Torre Annunziata è giallo sullo storico spolettificio dello Stato, di proprietà dell’ Agenzia industrie difesa fino al 14 aprile di questa’anno, già Real Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata dal 1758, ora passato al Ministero della Cultura. Spunta finalmente la documentazione che attesta la presenza di almeno dieci tonnellate di amianto nel 2010, ma la zona non è mai stata catalogata come inquinata. Da un accesso agli atti richiesto dalla famiglia di un ex lavoratore, risultano demolite, di quelle dieci, soltanto due tonnellate. A questo punto le domande sono tre: dove sono finite le altre otto? Perché l’edificio militare non è mai risultato tra i siti contaminati? Oggi lo spolettificio è un luogo sicuro? L’INAIL non risponde a nessuna delle domande dei parenti, temporeggiando su una nuova richiesta di accesso agli atti, finalizzata proprio a rispondere a questi quesiti. Il mancato censimento del sito da parte delle autorità ha sbarrato la strada dei risarcimenti agli ex lavoratori che si sono ammalati. Tutto parte da Giuseppe Ingenito, lavoratore dello spolettificio, deceduto nel 2015 per mesotelioma pleurico da esposizione all’amianto. La storia Quanto può costare caro tenersi il lavoro pur di garantire un futuro ed un’esistenza dignitosa alla propria famiglia? La risposta a questa domanda ce l’avrebbe Giuseppe Ingenito, per vent’anni dipendente dello spolettificio di proprietà statale sito in Torre Annunziata. Peccato che Giuseppe non possa argomentare la sua risposta, e non potrà farlo mai più. Scompare nel 2015, all’età di 62 anni, lasciando la moglie Teresa e i figli, Aldo e Rosa; la diagnosi è mesotelioma pleurico per possibile esposizione all’amianto. Ma dove era collocata questa sostanza che ha determinato la sorte della vita di Giuseppe?“Mio marito ha sempre sollevato domande ai dirigenti dello spolettificio riguardo alla presenza di amianto all’interno dell’azienda. I dirigenti negavano e gli altri lavoratori tacevano per tenersi il posto di lavoro.” – racconta la vedova, Teresa – “Quando mio marito si è ammalato abbiamo provato a rivolgerci ad un legale per ottenere risarcimento. Per i medici non c’erano dubbi che si fosse ammalato a causa di una lunga esposizione all’amianto. Il punto è che l’avvocato ci fece notare che la zona dello spolettificio non è mai stata censita dalle autorità come inquinata; fu chiaro nel dirci che esisteva un’elevata probabilità di perdere l’eventuale causa, proprio perché per le autorità quell’area non era inquinata e non lo era mai stata. Così decidemmo di investire quel che possedevamo per curare Giuseppe. Quei soldi non mi avrebbero ridato quello che stavo perdendo, ma mi avrebbero aiutata ad affrontare la malattia di mio marito. La nostra era una famiglia monoreddito”. Ed in effetti è vero: quando il sito non viene censito come inquinato, l’attivazione delle procedure di risarcimento ai lavoratori diviene sostanzialmente impossibile. I documenti che non lasciano adito a dubbi Ad un certo punto della storia, il colpo di scena: nel 2017, con l’aiuto del sindacalista Antonio Fiore – segretario organizzativo Nazionale dei Metalmeccanici e segretario generale della CISAL Metalmeccanici regione Campania –, Teresa invia una richiesta di accesso agli atti all’ASL, ed è a quel punto che vengono fuori precisamente due documenti che parlano chiaro: allo spolettificio l’amianto c’era stato, eccome! Tanto che nel 2010 l’ASL accertava la presenza di dieci tonnellate di amianto e rilasciava l’autorizzazione per la rimozione, il confezionamento, il trasporto e lo smaltimento, e chiedeva espressamente comunicazione del termine dei lavori. Ora, secondo la documentazione fornita alla vedova, nel 2012 l’ASL riceve la comunicazione di fine lavori soltanto per due tonnellate di amianto, più la rimozione di venti chili di fasciature dello stesso materiale. E le restanti otto tonnellate dove sono finite? Non ne abbiamo notizia. Sappiamo, inoltre, che tra il 2007 e il 2009 sono stati smaltiti altri manufatti in amianto in grosse quantità, quali fasciature, guarnizioni, cuffiette e circa 4.000 metri quadri di onduline in eternit che costituivano la copertura dell’edificio. Nel 2010 l’ASL rilasciava l’autorizzazione per ulteriori dieci tonnellate di amianto. Quindi, a quanto ammontava davvero la quantità di materiali pericolosi presenti nello spolettificio? Non lo sappiamo con certezza, ma è del tutto evidente che non si trattasse di poca roba. Perché lo spolettificio non è mai risultato tra i siti contaminati? Un altro punto che suscita interesse è capire perché lo spolettificio non risulti in nessun piano di bonifica redatto dalle autorità competenti. Insomma, può anche essere – come ci auguriamo – che successivamente le restanti otto tonnellate di amianto siano state rimosse; a quel punto non avrebbe avuto senso inserire il sito nel più recente piano di bonifica della regione Campania; ma non sarebbe dovuto comparire quantomeno nelle edizioni precedenti? Ecco, in nessuna delle edizioni dei piani di bonifica che si sono susseguite negli anni è presente lo spolettificio. In tutte le edizioni leggiamo che tra i siti contaminati di Torre Annunziata sono presenti due aree: quella dell’Ex Deriver, e quella Tecnotubi-Vega, nessuna delle quali coincide con il dannato spolettificio. Il figlio Aldo tenta di contattare l’INAIL: il silenzio delle istituzioni (e la beffa degli innocenti) Alla luce di questi fatti, nel 2021 Aldo – figlio di Giuseppe – scrive all’INAIL inoltrando una richiesta di accesso agli atti circa la presenza di materiali tossici presso lo spolettificio, in quanto figlio di un ex lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico da sospetta esposizione all’amianto. E, ancora, chiede all’ente di rispondere

Spolettificio di Torre Annunziata: spunta la documentazione che attesta la presenza di oltre 10 tonnellate di amianto ma la zona non è mai risultata inquinata – L’interrogazione parlamentare sulla mia inchiesta Leggi tutto »

Intervista esclusiva all’ avvocato di Trump nel Michigan: i documenti che legittimano i dubbi sui brogli

Sulla vicenda Trump si è detto tutto. E pare che ormai sia tutto finito con la vittoria di Biden. Tuttavia qui in Italia non è mai stato raccontato per davvero per quale motivo l’ex presidente degli USA nutrisse delle perplessità circa la trasparenza delle elezioni. Tutto risale ad un episodio molto particolare avvenuto nella contea di Antrim, Michigan, ai tempi delle elezioni. Episodio che qui in Italia il mainstream non ha mai ben spiegato. E per il quale oggi c’è una causa in corso tra il mio intervistato e la società delle macchine di voto Dominion. E chi può dirlo? Magari Dominion ha ragione. Magari il nome dell’azienda è stato ingiustamente infangato. Il punto è che c’è un fatto che è oggettivamente accaduto e nessuno può negarlo. Vediamo di cosa si tratta e per quale motivo – a mio parere – a Trump era giusto concedere almeno il beneficio del dubbio.Attenzione: non dico che il promotore del famosissimo slogan “Make America great again” abbia ragione, ma che avesse reale motivo di avere dei dubbi e che non era la cosa eticamente più giusta – da parte dei media – dipingerlo come un esaltato in cerca di attenzioni. Preciso che questa intervista risale a questo gennaio. La pubblico solo adesso. A parlarmi e a riferirmi quanto accaduto nel Michigan è Matthew DePerno – avvocato. Non uno qualsiasi, ma l’avvocato che ha consentito a Donald Trump di ottenere il riconteggio manuale dei voti nella contea di Antrim (Michigan) e la riassegnazione della vittoria che – in data 3 novembre 2020 – era stata assegnata a Joe Biden.  Il riconteggio – pubblicato in data 21 dicembre – ha avuto successo e sono stati riassegnati 5250 voti a Donald Trump. Risultato che ha ribaltato effettivamente il risultato delle elezioni nella contea, costringendo l’amministrazione a ripubblicare il risultato sul loro sito internet, e soprattutto, a riassegnare la vittoria all’attuale ex presidente. Tuttavia questo risultato appartiene – come già detto – non a tutto il Michigan, ma solo ad una contea. Perché? Perché nelle altre non si è riusciuto ad ottenere il riconteggio dei voti.  Questa notizia suonerà sconosciuta ai più perché in Italia non se ne è parlato, e a quanto pare non solo in Italia, ed è esattamente quanto lamenta l’avvocato: “Solo le testate locali hanno dato rilevanza alla notizia della riassegnazione della vittoria a Donal Trump. Al fatto che abbiamo avuto riscontro innegabile ed equivocabile che i voti siano stati rubati. Perché si nega a Trump il dubbio che quanto sia avvenuto qui non sia potuto avvenire in altre zone degli USA?” Parole che tuonano – infatti – quelle di DePerno. DePerno, come ho già detto, è in causa contro la Dominion Voting System, con l’accusa di aver architettato una campagna di disinformazione contro la stessa azienda. DePerno rappresenta William Bailey: un uomo della contea di Antrim che ha fatto causa per il conteggio dei voti in una proposta locale sulla Marijuana. Pertanto, in realtà, l’avvocato è riuscito ad ottenere l’ispezione sulle macchine di voto attraverso un’altra vicenda. E non è l’unico ad essere finito nel mirino della Dominions.  Vediamo il perché DePerno si è inimicato la Dominion Voting System. La perizia alle macchine Dominion La perizia alle macchine di voto Dominion che ha consentito il riconteggio dei voti è consultabile a questo link. Ed è stata commissionata da Bill Bailey a Matthew DePerno, tramite la Allied Security Operation Group. Le conclusioni sono le seguenti: “Il Dominion Voting System è intenzionalmente progettato con errori intrinseci per creare frodi sistemiche e influenzare i risultati delle elezioni”. E aggiunge: “Il sistema genera intenzionalmente un numero enormemente elevato di errori di voto” Conclusioni decisamente non da poco e per le quali DePerno ora si trova a dover rispondere in tribunale. Chi ha ragione? Questo lo stabilirà il processo. Il fatto è che il riconteggio dei voti ha oggettivamente dimostrato che qualcosa nella contea di Antrim – e chi può dirlo: magari anche altrove – non sia andato nel verso giusto. Di chi sia la colpa e quali siano state le cause lo stabilirà chi di dovere. Per quanto mi riguarda mi limito a mostrare ai miei lettori semplicemente quale sia stata l’anomalia che ha instaurato in Trump, e nei suoi sostenitori, l’idea di una frode. E chi – in fondo – di fronte a ciò non si sarebbe posto almeno una domanda? Si è trattato di un caso isolato? Trump se l’è presa con le persone sbagliate? Magari la Dominion non è realmente coinvolta, magari possono essere stati altri a generare questo increscioso errore di calcolo. Chi può dirlo? Certo non io. L’intervista Signor DePerno, cosa è successo nella contea di Antrim?  “Spiegarlo, Filly, è molto semplice. Ti mostro i primi risultati delle elezioni Trump Vs Biden, datate 3 novembre 2020. Ti segnalo un esempio lampante di come i risultati siano stati trasferiti da Trump a Biden. Gaurda la seconda tabella e concentrati sulla riga “Chestonia Township, Precinct 1”. A Biden risultano rispettivamente 197 voti e a Trump solo 3. Ora, vediamo i risultati pubblicati sul sito ufficiale in data 17 dicembre, dopo il riconteggio manuale delle schede elettorali. Come puoi vedere i 197 voti in origine attribuiti a Biden appartenevano a Trump.” Insomma, che dire? Matthew DePerno è un uomo che va dritto al sodo, senza troppi giri di parole. E incalza mostrandomi il documento ufficiale del riconteggio dei voti – che ha già provveduto a pubblicare sul suo profilo twitter illo tempore – che dimostra la riassegnazione ufficiale di oltre cinquemila voti. Mentre a Biden sono stati tolti 1810 voti. Trump ha perso il Michigan per 154 mila voti. Negli altri stati il riconteggio non è stato accettato. I cinquemila voti non coprono certamente il gap differenziale e il vincitore è comunque Joe Biden. Perché non si accede al riconteggio in tutte le contee? “Buona domanda, Filly. E’ quello che stiamo cercando di ottenere ma non è facile. Ci stiamo provando.” E infatti, così come ci informava Adnkronos il 5 dicembre, la corte d’appello statale ha rigettato il ricorso di Trump per bloccare la certificazione dei voti. La confessione di Antonio D’Elia sta spopolando nel web. Il documento

Intervista esclusiva all’ avvocato di Trump nel Michigan: i documenti che legittimano i dubbi sui brogli Leggi tutto »