Lo Spolettificio di Torre Annunziata

Spolettificio di Torre Annunziata: spunta la documentazione che attesta la presenza di oltre 10 tonnellate di amianto ma la zona non è mai risultata inquinata – L’interrogazione parlamentare sulla mia inchiesta

E’ stata pubblicata sul sito ufficiale del Senato della Repubblica lo scorso 5 ottobre. Si tratta di un’ interrogazione parlamentare presentata a seguito di una mia inchiesta giornalistica – sulla vicenda della quale sto per raccontarvi – dai senatori Orfeo Mazzella, Barbara Guidolin, Anna Bilotti, Ada Lopreiato, Concetta Damante, Roberto Cataldi, Mario Turco, Luigi Nave, Vincenza Aloisio, Gabriella Di Girolamo. La sottoscritta, infatti, è stata citata all’interno dell’interrogazione parlamentare consultabile a questo link. Si tratta di un’inchiesta la cui pubblicazione – tengo a precisare – è stata rifiutata da tutti i giornali, per questo motivo colgo l’occasione di ringraziare i parlamentari per aver portato alla luce questa vicenda chiedendo spiegazioni al nostro governo.

Ma di cosa si tratta? Andiamo per gradi.

Il fatto

A Torre Annunziata è giallo sullo storico spolettificio dello Stato, di proprietà dell’ Agenzia industrie difesa fino al 14 aprile di questa’anno, già Real Fabbrica d’Armi di Torre Annunziata dal 1758, ora passato al Ministero della Cultura.

Spunta finalmente la documentazione che attesta la presenza di almeno dieci tonnellate di amianto nel 2010, ma la zona non è mai stata catalogata come inquinata. Da un accesso agli atti richiesto dalla famiglia di un ex lavoratore, risultano demolite, di quelle dieci, soltanto due tonnellate.

A questo punto le domande sono tre: dove sono finite le altre otto? Perché l’edificio militare non è mai risultato tra i siti contaminati? Oggi lo spolettificio è un luogo sicuro?

L’INAIL non risponde a nessuna delle domande dei parenti, temporeggiando su una nuova richiesta di accesso agli atti, finalizzata proprio a rispondere a questi quesiti. Il mancato censimento del sito da parte delle autorità ha sbarrato la strada dei risarcimenti agli ex lavoratori che si sono ammalati. Tutto parte da Giuseppe Ingenito, lavoratore dello spolettificio, deceduto nel 2015 per mesotelioma pleurico da esposizione all’amianto.

La storia

Quanto può costare caro tenersi il lavoro pur di garantire un futuro ed un’esistenza dignitosa alla propria famiglia? La risposta a questa domanda ce l’avrebbe Giuseppe Ingenito, per vent’anni dipendente dello spolettificio di proprietà statale sito in Torre Annunziata. Peccato che Giuseppe non possa argomentare la sua risposta, e non potrà farlo mai più. Scompare nel 2015, all’età di 62 anni, lasciando la moglie Teresa e i figli, Aldo e Rosa; la diagnosi è mesotelioma pleurico per possibile esposizione all’amianto.

Ma dove era collocata questa sostanza che ha determinato la sorte della vita di Giuseppe?
“Mio marito ha sempre sollevato domande ai dirigenti dello spolettificio riguardo alla presenza di amianto all’interno dell’azienda. I dirigenti negavano e gli altri lavoratori tacevano per tenersi il posto di lavoro.” – racconta la vedova, Teresa – “Quando mio marito si è ammalato abbiamo provato a rivolgerci ad un legale per ottenere risarcimento. Per i medici non c’erano dubbi che si fosse ammalato a causa di una lunga esposizione all’amianto. Il punto è che l’avvocato ci fece notare che la zona dello spolettificio non è mai stata censita dalle autorità come inquinata; fu chiaro nel dirci che esisteva un’elevata probabilità di perdere l’eventuale causa, proprio perché per le autorità quell’area non era inquinata e non lo era mai stata. Così decidemmo di investire quel che possedevamo per curare Giuseppe. Quei soldi non mi avrebbero ridato quello che stavo perdendo, ma mi avrebbero aiutata ad affrontare la malattia di mio marito. La nostra era una famiglia monoreddito”. Ed in effetti è vero: quando il sito non viene censito come inquinato, l’attivazione delle procedure di risarcimento ai lavoratori diviene sostanzialmente impossibile.

I documenti che non lasciano adito a dubbi

Ad un certo punto della storia, il colpo di scena: nel 2017, con l’aiuto del sindacalista Antonio Fiore – segretario organizzativo Nazionale dei Metalmeccanici e segretario generale della CISAL Metalmeccanici regione Campania –, Teresa invia una richiesta di accesso agli atti all’ASL, ed è a quel punto che vengono fuori precisamente due documenti che parlano chiaro: allo spolettificio l’amianto c’era stato, eccome!

Tanto che nel 2010 l’ASL accertava la presenza di dieci tonnellate di amianto e rilasciava l’autorizzazione per la rimozione, il confezionamento, il trasporto e lo smaltimento, e chiedeva espressamente comunicazione del termine dei lavori. Ora, secondo la documentazione fornita alla vedova, nel 2012 l’ASL riceve la comunicazione di fine lavori soltanto per due tonnellate di amianto, più la rimozione di venti chili di fasciature dello stesso materiale. E le restanti otto tonnellate dove sono finite? Non ne abbiamo notizia. Sappiamo, inoltre, che tra il 2007 e il 2009 sono stati smaltiti altri manufatti in amianto in grosse quantità, quali fasciature, guarnizioni, cuffiette e circa 4.000 metri quadri di onduline in eternit che costituivano la copertura dell’edificio. Nel 2010 l’ASL rilasciava l’autorizzazione per ulteriori dieci tonnellate di amianto. Quindi, a quanto ammontava davvero la quantità di materiali pericolosi presenti nello spolettificio? Non lo sappiamo con certezza, ma è del tutto evidente che non si trattasse di poca roba.

Perché lo spolettificio non è mai risultato tra i siti contaminati?

Un altro punto che suscita interesse è capire perché lo spolettificio non risulti in nessun piano di bonifica redatto dalle autorità competenti. Insomma, può anche essere – come ci auguriamo – che successivamente le restanti otto tonnellate di amianto siano state rimosse; a quel punto non avrebbe avuto senso inserire il sito nel più recente piano di bonifica della regione Campania; ma non sarebbe dovuto comparire quantomeno nelle edizioni precedenti? Ecco, in nessuna delle edizioni dei piani di bonifica che si sono susseguite negli anni è presente lo spolettificio. In tutte le edizioni leggiamo che tra i siti contaminati di Torre Annunziata sono presenti due aree: quella dell’Ex Deriver, e quella Tecnotubi-Vega, nessuna delle quali coincide con il dannato spolettificio.

Il figlio Aldo tenta di contattare l’INAIL: il silenzio delle istituzioni (e la beffa degli innocenti)

Alla luce di questi fatti, nel 2021 Aldo – figlio di Giuseppe – scrive all’INAIL inoltrando una richiesta di accesso agli atti circa la presenza di materiali tossici presso lo spolettificio, in quanto figlio di un ex lavoratore deceduto per mesotelioma pleurico da sospetta esposizione all’amianto. E, ancora, chiede all’ente di rispondere a due sostanziali interrogativi: come prima cosa, chiede se l’Istituto è a conoscenza di una eventuale presenza di amianto presso lo spolettificio di Torre Annunziata, passata o presente; in secondo luogo, chiede istruzioni per una richiesta di risarcimento danni. “L’Ente, in prima battuta, richiede a sua volta una integrazione di documenti che fornisco di buon grado, per poi sparire definitivamente senza mai più rispondere.” – dichiara Aldo.

“Questa situazione è del tutto inaccettabile. L’INAIL deve fornire risposte: perché, nonostante l’accertamento documentale della presenza di amianto, il sito non è stato censito dalle autorità? Questo ha impedito che persone malate potessero accedere a fondi che sarebbero serviti loro per curarsi o mettere al sicuro la famiglia. Inoltre, che fine hanno fatto le restanti otto tonnellate di amianto? Siamo disposti a credere che oggi lo spolettificio sia un luogo sicuro, ma perché non fornire risposta?” A parlare è ancora Antonio Fiore.

Insomma, una vicenda tuttora piena di punti interrogativi.

Ma al di là di tutto, quello che più lascia sconcertati è il senso di abbandono delle istituzioni che si respira, ed è un’atmosfera inquinata da deresponsabilizzazione e falsità ideologiche, che consente di trattare i lavoratori come sacrificabili pezzi di ricambio, senza nessun rispetto per la persona umana e per gli affetti di cui è circondata. E poi ci si chiede perché serpeggia la sfiducia verso lo Stato e gli elettori non vanno più a votare?

Il boom di Tumori nell’area di Torre Annunziata e un piccolo errore nel documento dell’interrogazione parlamentare

Tra il 2020 e il 2022 una serie di testate giornalistiche hanno segnalato un boom di tumori da esposizione all’amianto nell’area di Torre Annunziata. A tal proposito faccio presente che c’è un errore all’interno del documento dell’interrogazione parlamentare, precisamente in queste righe: “La questione è stata affrontata da diverse testate, come ad esempio: “Il Mattino”, in data 15 luglio 2020; “Il Corriere del Mezzogiorno” in data 20 settembre 2022; “Metropolis” in data 16 settembre 2022; “la Repubblica” in data 28 settembre 2022”.

In questo passo non è stato specificato che, per l’appunto, gli articoli in questione fanno riferimento proprio al boom di tumori da esposizione all’amianto di cui sopra. Ad onor del vero, la questione dello Spolettificio non è stata affrontata da nessun giornale, rispetto a quanto invece potrebbe erroneamente intendersi all’interno del documento. Tanto è vero che gli articoli a cui fa riferimento il testo sono i seguenti:

–       Torre Annunziata: Amianto, Killer invisibile: boom di tumori tra gli ex operai – Il Mattino – 15 luglio 2020

–       Amianto killer, operaio di Torre Annunziata morto per cancro: condanna per l’Inail – Il Corriere del Mezzogiorno – 20 settembre 2022

–       Amianto: mesotelioma uccide 62enne di Torre Annunziata, era un operaio dell’ex Isochimica – Metropolis – 16 settembre 2022

–       Amianto: morto per mesotelioma, due ministeri condannati – La Repubblica – 28 settembre 2022

Che altro dire? Come sempre, a voi le conclusioni.

1 commento su “Spolettificio di Torre Annunziata: spunta la documentazione che attesta la presenza di oltre 10 tonnellate di amianto ma la zona non è mai risultata inquinata – L’interrogazione parlamentare sulla mia inchiesta”

  1. Bisogna insistere per il riconoscimento in nome e nel rispetto della vecchia legge 257 /92
    La quale riconobbe in Campania una miriade di aziende su istanze, non si capisce perché le responsabilità regionali in quel contesto non hanno provveduto ad allargare il riconoscimento anche alle aziende che non avevano avanzate le richieste: dico la Regione perché loro avevano tutti i dati del territorio non solo di coloro che seguite dalle organizzazioni sindacali le quali si attiveranno a pressare le aziende per far riconoscere i diritti ai lavoratori previsti dalla stessa legge 257/92.

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